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2024
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CARLO LEVI "Il volto del novecento" 100 opere di Carlo Levi fra pitture e...

19/08/2013
 
 


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Divisionismo
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Seurat
Divisionismo
SEURAT
Cross Cipressi a Cagnes
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CROSS CIPRESSI A CAGNES
Angrand Coppia nella strada
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ANGRAND COPPIA NELLA STRADA
Dubois-Pillet la  Marna all'alba
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DUBOIS-PILLET LA MARNA ALL'ALBA
Gausson Sottobosco
Divisionismo
GAUSSON SOTTOBOSCO
Luce Maxmilian la_peche_aux_ecrevisses
Divisionismo
LUCE MAXMILIAN LA_PECHE_AUX_ECREVISSES
Pissaro Lucien La casa della sorda
Divisionismo
PISSARO LUCIEN LA CASA DELLA SORDA
   
Impressionismo  Scientifico   . così lo definiva Camille Pissaro. Seurat ,dopo avere letto le teorie  del  chimico  Eugene Chevreul sopra " i colori e la loro applicazione nella professione artistica con l'aiuto dei dischi dei colori" , ed in seguito avvicinatosi  agli studi  sui colori complementari e sulle leggi ottiche della loro percezione  del fisico newyorkese Ogden Nicholas Rood (1831-1902). volle dipingere i propri quadri  secondo questo sistema Nel 1886  Camille Pissaro in una lettera a Durand-Ruel descriveva  la tecnica pittorica di Seurat. :"Mettere la mescolanza ottica al posto della mescolanza dei pigmenti, o in altri termini : scomposizione delle tonalità cromatiche nei loro elementi fondamentali" La scienza sapeva che i colori, sotto forma di luce di lunghezza d'onda diversa, vengono percepiti dall'occhio, che li mescola  fino a formare la tonalità corrispondente all'oggetto. Se il pittore applica fittamente sul supporto piccoli punti di colori fondamentali puri nel giusto rapporto,questi,osservati a una certa distanza, ricompongono nell'occhio l'unità del tono che si voleva  ottenere. Così,per esempio, punti di azzurro e di giallo puro come colori complementari  danno un verde. A Seurat sarebbe piaciuto chiamare questo processo"cromo luminarismo", ma poi si decise per "Divisionismo". Signac  lo definì "Puntismo" e Fènèon ne dette una  definizione più storica , accettata anche da Signac : di "Neoimpressionismo". nbsp;




SEURAT ED I SUOI AMICI
Georges Seurat era un uomo strano, orgoglioso e spesso quasi arrogante; la sua riservatezza sorprendeva perfino i suoi più intimi amici. Pure tutti — compreso van Gogh — erano concordi nel I dire che egli era il maestro dei pittori della nuova generazione. Lui stesso era perfettamente consapevole del ruolo che rappresentava e che accettava come conseguenza naturale della sua intelligenza e della sua volontà. Teneva molto al giusto riconoscimento delle sue scoperte e delle sue innovazioni; e niente lo feriva più profondamente del fatto di non ottenere il credito che si meritava. Si era dedicato instancabilmente al conseguimento di una meta alla quale si avvicinava sempre più in ciascuno dei suoi nuovi lavori. Questa meta consisteva nell'andare oltre l'impressionismo e nell'applicare alla sua arte i multati di ricerche scientifiche nel campo della fisica; ma significava anche, com'egli ammetteva senza esitazione, « trovare qualcosa di nuovo, un'arte tutta sua ».
La carriera di Seurat, all'inizio, non era stata differente da quella di molti giovani artisti del tempo. Dopo aver frequentato un corso d'arte alla scuola comunale di Parigi, dove gli avevano insegnato a copiare busti di gesso polverosi, nel 1878, a diciotto anni, era entrato all'École des Beaux-Arts, e per due lunghi anni aveva seguito i corsi di Henri Lehmann, un allievo di Ingres.
Studente disciplinato e attento, anche se non particolarmente brillante, aveva presto cominciato a soddisfare la sua naturale curiosità e il suo gusto per le difficoltà leggendo senza posa. Riuscì in tal modo a sfuggire all'influsso deleterio dei salotti accademici che si dimostrarono fatali ai suoi compagni, fra i quali il suo amico Aman-Jean.Seurat nutriva una profonda venerazione per i fratelli Goncourt e aveva trovato buon materiale di meditazione nei precetti e nelle opere di Delacroix, dai quali prendeva numerosi appunti, come nelle idee di Corot ', nei quadri di Pissarro e di Monet, e soprattutto negli scritti di Charles Blanc e nei trattati scientifici di Chevreul, Sutter, Rood e altri. Era affascinato dall'idea che il colore è regolato da leggi ben definite che « si possono apprendere come la musica ». Fra queste leggi vi era quella stabilita da Chevreul, secondo la quale « il contrasto simultaneo dei colori racchiude i fenomeni di modificazione che gli oggetti diversamente colorati sembrerebbero subire nella composizione fisica e la scala dei loro rispettivi colori quando si vedono simultaneamente ». Un elemento fondamentale di questo contrasto simultaneo è costituito dal fatto che due colori vicini si influenzano l'un l'altro, ciascuno facendo risaltare reciprocamente il proprio complementare (quello chiaro diventa più chiaro, quello scuro più cupo). Nelle sue frequenti visite al Louvre, Seurat cercò di trovare una conferma di quei principi nelle opere dei grandi maestri, ma ben presto scoprì che anche famosi pittori come il Veronese e Delacroix, che talvolta avevano osservato questi principi, l'avevano fatto seguendo l'istinto piuttosto che una precisa regola scientifica. Pertanto vide aperto davanti a sé un campo in cui avrebbe potuto applicare con metodo le sue conoscenze e conciliare i rigidi principi del disegno trasmessi da Ingres con gli effetti ottici studiati nei grandi pittori del passato.
Dopo un anno di servizio militare prestato a Brest, sulla costa della Bretagna, nel 1880 Seurat tornò a Parigi, e per due anni si dedicò esclusivamente al disegno, in cui ben presto rivelò una perfetta maestria negli effetti di chiaroscuro. La sua preoccupazione per le sfumature e i contrasti piuttosto che per la linea lo spinse a studiare più a fondo, su scala ridotta, i problemi della compenetrazione e del riflesso. In seguito Signac avrebbe detto che i disegni di Seurat, anche i semplici schizzi, erano talmente « studiati nei contrasti e nelle gradazioni che si potrebbe dipingerli senza bisogno di vedere il modello »3. Nel 1883 uno dei disegni di Seurat, un grande ritratto del suo amico Aman-Jean, fu accettato dalla giuria del Salon mentre le altre opere gli vennero rifiutate. Durante lo stesso anno l'artista lavorò principalmente alla sua prima grande composizione. Une Baignade a Asnières, un dipinto di proporzioni notevoli che a quel tempo trovava confronto soltanto con gli immensi affreschi di Puvis de Chavannes; e Seurat aveva allora solo ventitré anni. Regolando accuratamente il giuoco delle orizzontali e delle verticali, studiando attentamente i minimi particolari con un'infinità di disegni preparatori e di piccoli pannelli, Seurat procedeva nel suo lavoro operando una metodica separazione degli elementi — luce, ombra, colore locale, azione reciproca dei colori - e della loro adeguata proporzione. Une Baignade Seurat Une Bagnade fu uno dei numerosi quadri respinti dalla giuria del Salon nel 1884 e che riapparve in seguito all'esposizione del Groupe des Artistes Indépendants, alla cui formazione Seurat aveva preso parte attivamente. Fu qui che Signac vide l'immenso quadro (era appeso nel seminterrato) e ne apprezzò subito le qualità, rimanendo tuttavia colpito dal fatto che Seurat l'aveva eseguito « a grandi colpi piatti stesi gli uni sugli altri e usciti da una tavolozza composta, come quella di Delacroix, di colori puri e di colori terrosi. Questi ultimi fanno sì che il quadro risulti offuscato e meno brillante di quelli che dipingono gli impressionisti con la loro tavolozza ridotta ai colori prismatici »
Le tele che Signac aveva presentato agli Indipendenti, fra cui una veduta di una strada di Montmartre, erano state eseguite a colori chiari e a piccolissimi colpi di pennello a forma di virgole, ispirati ai quadri tanto ammirati di Monet e Guillaumin, che in quel periodo egli non conosceva personalmente. Quando più tardi Signac incontrò Seurat all'Assemblea Costituente degli Indipendenti e si mise a discutere con hii i problemi che interessavano entrambi, apparve subito evidente che ciascuno di loro poteva trarre gran profitto dal-. esperienza dell'altro. Signac ebbe così modo di sostituire .osservazione empirica delle leggi del contrasto con il metodo scientifico di Seurat, mentre questi, dietro insistenza dei suoi amici, eliminò dalla propria tavolozza tutti i colori terrosi. Infatti quando Une Baignade gli venne restituito dopo la chiù sura della mostra, egli apportò alcuni ritocchi a certe parti del quadro, aggiungendovi piccoli punti di colore chiaro . Ansioso di approfondire le teorie che costituivano la base del sistema di Seurat, Signac andò a parlare con Chevreul. lo scienziato, che aveva allora novantasette anni, raccontò al giovane pittore che trentaquattro anni prima Delacroix gli aveva scritto esprimendo il desiderio di discutere con lui la teoria scientifica dei colori e di chiedergli alcune delucidazioni in torno a certi problemi che lo tormentavano; ma un forte mal di gola aveva impedito a Delacroix di andare all'appunta mento . In seguito Signac, in compagnia di Angrand, tornò a trovare Chevreul per discutere di un problema particolarmente difficile, ma con grande delusione i due pittori si accorsero che il centenario non era più in possesso delle sue facoltà. Infatti. dopo aver chiesto loro di ripetere più volte la stessa domanda, improvvisamente il vecchio scienziato parve comprendere quello che gli dicevano i due pittori ed esclamò: « Ah! Ah! divisione della luce! Ah sì, mi ricordo, ho già fatto una piccola pubblicazione sull'argomento. Ah! voi siete pittori. Andate a trovare il mio collega dell'Istituto, M. Ingres: lui vi potrà insegnare » Ingres era morto da vent'anni e inoltre non si era mai interessato dei colori prismatici o dei contrasti simultanei. Era evidente che Chevreul non era più in grado di dare consigli, e i due pittori dovevano fondarsi solo su se stessi per applicare le sue teorie alla loro arte.
Per studiare meglio il giuoco dei colori e dei loro complementari, Seurat, seguendo i principi di Chevreul e di Rood, costruì un disco sul quale riunì tutte le tinte dell'arcobaleno (legate l'una all'altra da svariati colori intermedii in questa sequenza: blu, blu oltremare, blu oltremare artificiale, viola, porpora, rosso porpora, carminio, rosso spurio, vermiglione, minio, arancio, giallo arancio, giallo, giallo verde, verde giallo, verde, verde smeraldo, blu molto verde, blu cianico verdastro, blu verde, blu cianico I, blu cianico II, chiudendo il cerchio con :1 blu iniziale. Inoltre Seurat aggiunse il bianco che mescolava sulla tavolozza con gli altri colori primari, ottenendo così una gamma di toni dal bianco leggermente sfumato al bianco quasi puro. Il cerchio, così, veniva ad essere completato in modo che i colori puri erano raggruppati intorno al centro dal quale andavano gradualmente sfumando verso il bianco che formava all'esterno un anello unifórme di bianco puro. Con l'aiuto del suo disco, Seurat riuscì a collocare facilmente il complementare di ogni colore o tono. Più tardi, Lucien Pissarro prese nota, per suo proprio uso, dei vari principi che guidarono Seurat e i suoi amici nell'applicazione del disco di Chevreul. I pittori divisero i sei colori fondamentali in « tre colori primari, rosso (1), giallo (2), blu (3); e tre colori composti o colori binari, arancio (1+2), verde (2 + 3) e viola (1 + 3). Uniti insieme, questi colori producono la sensazione del bianco, essendo la luce bianca la somma di tutti i colori e ciascuno serve da complementare agli altri due per formare la luce bianca. Poiché 1+2 + 3 sono sempre necessari per formare la luce bianca, il complementare
del rosso (1) = (2 + 3) = giallo + blu = verde del giallo (2) = (1 + 3) = rosso J- blu = viola del blu (3) = (1 + 2) = rosso + giallo = arancio e viceversa.
Secondo la legge dei contrasti, un colore raggiunge il suo massimo d'intensità quando è avvicinato al suo complementare. Ma mentre due complementari si intensificano a vicenda, se affiancati, si annullano quando sono mescolati. I complementari mescolati in eguali proporzioni formano il grigio.
Due complementari mescolati in parti ineguali si annullano parzialmente e formano un colore incerto che è una varietà del grigio, un colore terziario. La legge dei complementari permette che un colore possa venire attenuato o intensificato senza diventare sporco; senza toccare il colore stesso, si è in grado di intensificarlo o neutralizzarlo cambiando i colori vicini. Se si affiancano, allo stato naturale, due tinte uguali di intensità diversa, come un rosso scuro e un rosso chiaro, si ottiene (a) un contrasto grazie alla differenza d'intensità; (b) un'armonia grazie all'uniformità dei toni. Due colori che non stanno bene insieme possono essere separati dal bianco che servirà da colore intermedio e li unirà »
Con questi esatti principi e con una tavolozza preparata con metodo, Seurat cercò di ritrarre i suoi soggetti secondo le varie leggi ottiche stabilite da Chevreul, Maxwell, Helmholtz e Rood, di cui gli appunti di Lucien Pissarro riportano soltanto qualche brano. Egli stendeva sulla tela il colore locale, vale a dire il colore che avrebbe assunto l'oggetto ritratto in una luce bianca (o visto molto da vicino). Questo colore veniva quindi 'acromatizzato ' da pennellate supplementari corrispondenti (a) alla parte di luce colorata che si rifletteva, alternativamente, su quella superficie (di solito un arancione solare); (b) alla patte di luce colorata che penetrava oltre la superficie e che veniva riflessa dopo un parziale assorbimento; (c) al riflesso degli oggetti circostanti; e (d) ai colori complementari 9.
La pittura di Seurat seguiva alla lettera questi concetti. La ' acromatizzazione ' richiedeva la compenetrazione di tutti i colori e di tutte le sfumature allo stato puro. Per riprodurre l'esatta colorazione di una data superficie sotto determinate condizioni di luce non era possibile mescolare i colori sulla tavolozza. Esperimenti fisici avevano provato che la mescolanza dei colori portava inevitabilmente al nero. L'unica mescolanza che
riusciva a produrre l'effetto desiderato era una ' mescolanza ottica ', che pertanto divenne il fattore decisivo nella tecnica di Seurat. II pittore, dopo aver riunito separatamente sulla tela gli elementi dei colori individuali presenti nella natura, lasciava all'occhio dell'osservatore il compito di mescolarli. Così facendo si basava sulla teoria di Dove secondo la quale la retina, che si aspetta di ricevere fasci luminosi distinti, percepisce 'ciati, sia la loro risultante 10. Il principio della mescolanza ottica, a cui si ispirava Seurat, non costituiva un fatto nuovo in sé, nel campo dell'arte, e era già stato seguito da Delacroix e dagli impressionisti. Ma la loro tecnica, realizzata mediante tratteggi e virgole che dovevano fondersi a una certa distanza, non aveva quella esattezza matematica indispensabile a Seurat per una efficace applicazione 4e' suo sistema. A colpi di pennello leggeri come puntini, Seurat fece in modo di riunire, anche sopra piccole superfici, una grande varietà di colori e di toni, ciascuno corrispondente ad uno degli elementi che che servivano a raffigurare l'oggetto. A una determinata distanza — che variava a seconda della grandezza dei puntini, anch'essi proporzionati alle dimensioni del quadro - queste sottili particelle si fondevano otticamente. E tale mescolanza ottica, secondo Seurat e i suoi sostenitori, produceva un'intensità e una luminosità di colore molto più forte di qualsiasi altra mescolanza di tinte. Perfezionato il proprio sistema con la collaborazione di Signac, Seurat si accinse ad eseguire una grande composizione che avrebbe dato dimostrazione della sua nuova tavolozza e della sua nuova tecnica. Durante gli ultimi mesi del 1884 cominciò a eseguire studi accurati del paesaggio e della gente che affollava i giardini pubblici dell'isola La Grande-Jatte, vicino ad Asnières, la stessa località che gli era servita per la sua Baignade. Per questi studi eseguiti sul posto su piccoli pannelli di legno, Seurat tralasciò la lenta e meticolosa esecuzione dei puntini, ma, come negli studi preparatori per la Baignade, adottò un sistema di vivide pennellate, come quelle degli impressionisti. I suoi colori, tuttavia, erano puri, gli elementi ben dosati, e la legge dei contrasti scrupolosamente osservata. I pannelli, sui quali Seurat ritrasse le singolarità del luogo e le figure che occasionalmente lo popolavano, avevano lo scopo di fornire la necessaria ' informazione ' per il suo lavoro di atelier, dopo essere stati sottoposti a una severa selezione per le esigenze del quadro. Quando l'artista aveva bisogno di ulteriori dettagli, faceva posare i modelli nel proprio studio e tracciava alcuni schizzi grazie ai quali riusciva a fissare gli atteggiamenti che desiderava. In tal modo le osservazioni sulla natura venivano integrate sulla immensa tela, una volta che la spontaneità dei disegni, con la loro sequenza di effetti fugaci, gli aveva fornito gli elementi fondamentali per un lavoro dal quale era esclusa ogni improvvisazione. Evolvendosi nella sua arte con metodo rigoroso, Seurat preciserà più tardi, in una lettera a un amico: « 1884, giorno dell'Ascensione: Grande-Jatte, gli studi e il quadro » ", confermando così che nello stesso giorno egli si era accinto agli studi preparatori e alla composizione stessa. Questa affermazione lascia qualche dubbio, perché i pannelli e i disegni per La Grande-Jatte — molto più numerosi che per Une Baignade - sembrano riflettere, come in un diario, l'evoluzione della composizione e il processo di eliminazione o intensificazione che doveva condurre alla versione definitiva. Sembra dunque difficile immaginarsi l'artista lavorare simultaneamente al grande quadro, la cui esecuzione non poteva essere realizzata se non attraverso i risultati ottenuti faticosamente attraverso tutti i pannelli e i disegni. Tuttavia, data l'insistenza di Seurat su questo punto essenziale, bisogna credere che fin dall'inizio aveva fissato il prin-cipio della sua composizione e procedeva sistematicamente nello sforzo di perpetuare le sue sensazioni, di creare una sintesi del paesaggio e di evitare, nelle figure che lo animavano, l'impressione di casualità e di transitorietà Impegnato in questo nuovo grandioso progetto, Seurat seguì la linea di condotta definita più tardi da Signac: « Sembra che, davanti alla sua tela bianca, la prima preoccupazione di un pittore debba essere quella di decidere quali curve e quali arabeschi debbano interrompere la superficie e quali tinte e quali toni coprirla... Seguendo i consigli di Delacroix, Seurat non comincerà mai una tela senza prima averne fissata la sistemazione. Guidato dalla tradizione e dalla scienza, armonizzerà la composizione alle sue concezioni, cioè adatterà le linee (direzioni e angoli), il chiaroscuro (toni), i colori (tinte) all'elemento che vorrà fare prevalere » Per mesi e mesi Seurat si recò tutti i giorni all'isola La Grande-Jatte. Era così assorbito dal lavoro che talvolta rifiutava di pranzare con i suoi migliori amici, per timore di distogliersi dalla sua concentrazione. Quando incontrava Angrand, che in quello stesso periodo dipingeva sull'isola, Seurat lo salutava senza deporre la tavolozza e senza distogliere gli occhi dal motivo che lo interessava. Mentre al mattino lavorava sul posto, nel pomeriggio il pittore ritoccava la sua tela nello studio, fermandosi appena per mangiare un panino o una tavoletta di cioccolato. Issato sopra una scala, riempiva il gran quadro (della stessa dimensione di Une Baignade) di tanti tocchi multicolori, eseguiti sopra un primo strato di vernice steso con ampie pennellate. Lo strato originale costituiva un legame tra i piccoli tocchi, in modo che l'artista non aveva più bisogno di riunirli l'uno accanto all'altro. A questo punto, egli concentrava la sua attenzione su una singola sezione del quadro, dopo aver scelto precedentemente il colore da applicare. In tal modo era in grado di dipingere liberamente, senza allontanarsi dalla tela per osservare l'effetto ottenuto o il risultato della mescolanza ottica. La sua intensa concentrazione mentale gli permetteva di lavorare fino a notte inoltrata, nonostante la falla-cità della luce artificiale. Ormai non gli occorreva consultare il disco di Chevreul, più di quanto un vero poeta non ha bisogno di contare i piedi di un verso: la legge del contrasto simultaneo era ormai diventata il principio chiave della sua concezione pittorica. Seurat, tuttavia, non considerò mai le varie regole che applicava alla sua arte come un freno alla sua libertà di espressione; al contrario le riteneva un mezzo per controllare il suo spirito d'osservazione, una guida positiva verso la verità. Erano un incentivo per l'occhio e per la mente, piuttosto che una restrizione. E invece di liberarsi gradualmente della loro influenza, alle vecchie regole ne aggiunse di nuove ogni volta che la scienza gliene additava qualcuna che poteva essere applicata al suo lavoro. Se Seurat aveva avuto biosgno .di una conferma per il suo punto di vista, l'aveva trovata in una serie di articoli pubblicati nel 1880 su « Les Phénomènes de la vision » da David Sutter. Tra le conclusioni di ordine generale formulate dall'autore, si poteva leggere questa: « Bisogna osservare la natura con gli occhi dello spirito e non soltanto con gli occhi del corpo, come un essere privo di ragione... Vi sono degli occhi di pittore come vi sono voci di tenore, ma questi doni della natura devono essere alimentati dalla scienza per giungere al loro completo sviluppo... Le regole non ostacolano la spontaneità dell'invenzione e dell'esecuzione nonostante il loro carattere assoluto... La scienza libera da tutte le incertezze, permette di muoversi con piena libertà e in un ambito molto largo, così che commetteremmo una doppia ingiuria verso l'arte e la scienza ritenendo che l'una escluda necessariamente l'altra. Essendo tutte le regole insite nelle leggi stesse della natura, niente è più semplice che individuarne i principi, e niente è più indispensabile. Nell'arte, tutto deve essere voluto » 14. Seurat studiò a lungo tutti questi problemi mentre dipingeva La Grande-Jatte. Era abbastanza soddisfatto di come procedeva il suo lavoro tanto che permise agli amici, specialmente a Dubois-Pillet, Signac e Angrand, di andare nel suo studio a vedere la tela, illustrando loro le proprie teorie l5. Ma quando alcuni visitatori lodarono entusiasti il gran quadro, Seurat fece notare a Angrand: « Vedono della poesia in ciò che faccio, ma io applico il mio metodo e questo è tutto »Un dimanche après-midi a l'ile de la Grande-Jatte fu terminato nel marzo 1885 allorché Seurat lascio Parigi per Grandcamp sulla costa della Manica, da dove ritornò con parecchie ma rine. Rientrato in ottobre, eseguì .mportanti, ritocchi alla grande composizione. Mentre Seurat si trovava a Grandcamp, S.ignac, a Parigi aveva incontrato Camille Pissarro nell atelier di Guillamin e gli aveva spiegato lo scopo delle ricerche alle quali si consacrava Seurat.' Nell'ottobre 1885 Guillaumim presento Seurat a Pissarrc, il quale si convinse ben presto che i due giovani pittori avevano scoperto un metodo che assicurava all'impressionismo tutti i benefici della scienza moderna . Negli ultimi tempi Pissarro non era molto soddisfatto del proprio lavoro, specialmente per una certa rozzezza di esecuzione, perciò egli era particolarmente ricettivo agli elementi costruttivi delle teorie di Seurat e subito incominciò ad applicare il nuovo metodo alla sua pittura All'inizio dell'anno seguente, la vista di una piccola tela di Pissarro, trattata secondo la teoria della spartizione delle tinte diede la spinta decisiva a Signac e lo portò a eseguire a Clichy i suoi due primi dipinti divisionisti « senza sottofondi acromatici e puri di tocco»11. Ma non c'è dubbio che, a sua volta, avesse validi consigli da offrire, basati su una maggior esperienza; consigli, fra l'altro, che si riferivano al mutamento dei colori dopo un determinato tempo, un fattore di cui Seurat non aveva tenuto conto sufficientemente durante la composizione della Grande-]atte 18. Pissarro non accettò ciecamente le teorie dei nuovi amici, ma intraprese delle ricerche personali. Giunse cosi alla conclusione che una superficie colorata agisce sulle parti vicine non solo attraverso i suoi complementari, ma vi riflette un po' del proprio colore, anche quando non è brillante e l'occhio non percepisce distintamente questo riflesso. A questo proposito, Signac e Seurat erano stati meno categorici, sebbene sia indubbio che il continuo scambio di vedute fra i tre pittori abbia contribuito a migliorare il loro stile, ad acuire il loro spirito d'osservazione e a chiarire le loro idee. La conversione di Pissaró diede a Signac e Seurat la certezza che le loro teorie rappresentavano la continuazione logica e perfezionata di ciò che i loro predecessori avevano iniziato. Per lo stesso Pissarro significava un cambiamento piuttosto brusco nella sua evoluzione e una partenza assolutamente nuova. La sua adesione fu così completa che dovette andare oltre le aspettative dei suoi nuovi amici, i quali non avrebbero mai immaginato di trovare un alleato simile fra gli impressionisti della vecchia guardia. È facile comprendere, perciò, che Signac scrivesse entusiasta al vecchio artista: « Quante miserie e quante noie deve avere suscitato il vostro coraggioso comporta mento. Per noi giovani è una grande felicità e una grande forza poter combattere sotto i vostri ordini ». Tuttavia Pissarro non ritenne mai che il ruolo da lui assunto nel nuovo movimento fosse di primo piano; si preoccupava sempre che fosse riconosciuto il merito degli sforzi iniziali di Seurat e fece molto per diffondere i principi di questo, dato che la sua posizione gli permetteva di essere a contatto con un pubblico più vasto di quanto fosse possibile a Seurat e a Signac. da applicare. In tal modo era in grado di dipingere liberamente, senza allontanarsi dalla tela per osservare l'effetto ottenuto o il risultato della mescolanza ottica. La sua intensa concentrazione mentale gli permetteva di lavorare fino a notte inoltrata, nonostante la falla-cità della luce artificiale. Ormai non gli occorreva consultare il disco di Chevreul, più di quanto un vero poeta non ha bisogno di contare i piedi di un verso: la legge del contrasto simultaneo era ormai diventata il principio chiave della sua concezione pittorica. Seurat, tuttavia, non considerò mai le varie regole che applicava alla sua arte come un freno alla sua libertà di espressione; al contrario le riteneva un mezzo per controllare il suo spirito d'osservazione, una guida positiva verso la verità. Erano un incentivo per l'occhio e per la mente, piuttosto che una restrizione. E invece di liberarsi gradualmente della loro influenza, alle vecchie regole ne aggiunse di nuove ogni volta che la scienza gliene additava qualcuna che poteva essere applicata al suo lavoro. Se Seurat aveva avuto biosgno .di una conferma per il suo punto di vista, l'aveva trovata in una serie di articoli pubblicati nel 1880 su « Les Phénomènes de la vision » da David Sutter. Tra le conclusioni di ordine generale formulate dall'autore, si poteva leggere questa: « Bisogna osservare la natura con gli occhi dello spirito e non soltanto con gli occhi del corpo, come un essere privo di ragione... Vi sono degli occhi di pittore come vi sono voci di tenore, ma questi doni della natura devono essere alimentati dalla scienza per giungere al loro completo sviluppo... Le regole non ostacolano la spontaneità dell'invenzione e dell'esecuzione nonostante il loro carattere assoluto... La scienza libera da tutte le incertezze, permette di muoversi con piena libertà e in un ambito molto largo, così che commetteremmo una doppia ingiuria verso l'arte e la scienza ritenendo che l'una escluda necessariamente l'altra. Essendo tutte le regole insite nelle leggi stesse della natura, niente è più semplice che individuarne i principi, e niente è più indispensabile. Nell'arte, tutto deve essere voluto » 14. Seurat studiò a lungo tutti questi problemi mentre dipingeva La Grande-Jatte. Era abbastanza soddisfatto di come procedeva il suo lavoro tanto che permise agli amici, specialmente a Dubois-Pillet, Signac e Angrand, di andare nel suo studio a vedere la tela, illustrando loro le proprie teorie l5. Ma quando alcuni visitatori lodarono entusiasti il gran quadro, Seurat fece notare a Angrand: « Vedono della poesia in ciò che faccio, ma io applico il mio metodo e questo è tutto »Un dimanche après-midi a l'ile de la Grande-Jatte fu terminato nel marzo 1885 allorché Seurat lascio Parigi per Grandcamp sulla costa della Manica, da dove ritornò con parecchie ma rine. Rientrato in ottobre, eseguì .mportanti, ritocchi alla grande composizione. Mentre Seurat si trovava a Grandcamp, S.ignac, a Parigi aveva incontrato Camille Pissarro nell atelier di Guillamin e gli aveva spiegato lo scopo delle ricerche alle quali si consacrava Seurat.' Nell'ottobre 1885 Guillaumim presento Seurat a Pissarrc, il quale si convinse ben presto che i due giovani pittori avevano scoperto un metodo che assicurava all'impressionismo tutti i benefici della scienza moderna . Negli ultimi tempi Pissarro non era molto soddisfatto del proprio lavoro, specialmente per una certa rozzezza di esecuzione, perciò egli era particolarmente ricettivo agli elementi costruttivi delle teorie di Seurat e subito incominciò ad applicare il nuovo metodo alla sua pittura All'inizio dell'anno seguente, la vista di una piccola tela di Pissarro, trattata secondo la teoria della spartizione delle tinte diede la spinta decisiva a Signac e lo portò a eseguire a Clichy i suoi due primi dipinti divisionisti « senza sottofondi acromatici e puri di tocco»11. Ma non c'è dubbio che, a sua volta, avesse validi consigli da offrire, basati su una maggior esperienza; consigli, fra l'altro, che si riferivano al mutamento dei colori dopo un determinato tempo, un fattore di cui Seurat non aveva tenuto conto sufficientemente durante la composizione della Grande-]atte 18. Pissarro non accettò ciecamente le teorie dei nuovi amici, ma intraprese delle ricerche personali. Giunse cosi alla conclusione che una superficie colorata agisce sulle parti vicine non solo attraverso i suoi complementari, ma vi riflette un po' del proprio colore, anche quando non è brillante e l'occhio non percepisce distintamente questo riflesso. A questo proposito, Signac e Seurat erano stati meno categorici, sebbene sia indubbio che il continuo scambio di vedute fra i tre pittori abbia contribuito a migliorare il loro stile, ad acuire il loro spirito d'osservazione e a chiarire le loro idee. La conversione di Pissaró diede a Signac e Seurat la certezza che le loro teorie rappresentavano la continuazione logica e perfezionata di ciò che i loro predecessori avevano iniziato. Per lo stesso Pissarro significava un cambiamento piuttosto brusco nella sua evoluzione e una partenza assolutamente nuova. La sua adesione fu così completa che dovette andare oltre le aspettative dei suoi nuovi amici, i quali non avrebbero mai immaginato di trovare un alleato simile fra gli impressionisti della vecchia guardia. È facile comprendere, perciò, che Signac scrivesse entusiasta al vecchio artista: « Quante miserie e quante noie deve avere suscitato il vostro coraggioso comporta mento. Per noi giovani è una grande felicità e una grande forza poter combattere sotto i vostri ordini ». Tuttavia Pissarro non ritenne mai che il ruolo da lui assunto nel nuovo movimento fosse di primo piano; si preoccupava sempre che fosse riconosciuto il merito degli sforzi iniziali di Seurat e fece molto per diffondere i principi di questo, dato che la sua posizione gli permetteva di essere a contatto con un pubblico più vasto di quanto fosse possibile a Seurat e a Signac. Contemporaneamente, anche il figlio maggiore di Pissarro, Lucien, che aveva la stessa età di Signac (e quattro anni meno di Seurat) cominciò ad adottare la tecnica divisionista. Ai primi di dicembre del 1885 Pissarro prese contatto con Monet per discutere l'organizzazione di una nuova mostra del gruppo impressionista: non ve n'erano state più dal 1882. Nel gennaio 1886 Berthe Morisot e suo marito  il fratello di Manet  studiarono attentamente questa iniziativa e la discussero con vari impressionisti. Pissarro insistette che fossero invitati anche i suoi nuovi amici; incontrò una forte opposizione e fu appoggiato, con molta riluttanza, solamente da Degas, che era sempre stato difeso da Pissarro21. Alla fine il vecchio artista ottenne soddisfazione, ma Monet, Renoir, Sisley e Cail-lebotte decisero di non partecipare all'esposizione. Gauguin, che fin dal 1879 era stato ammesso nel gruppo per intercessione di Pissarro, ora faceva di tutto per far ammettere il suo amico Schuffenecker e supplire così alla defezione degli altri. Dietro richiesta di Pissarro i suoi quadri furono esposti, accanto a quelli di Signac, Seurat e Lucien, in una sala separata, l'ultima di un appartamento alla Maison Dorée, in Rue Laffitte, che i pittori avevano affittato per l'occasione. La Grande-Jatte di Seurat era il dipinto che maggiormente colpiva, in quella saletta, che però non era abbastanza grande per farne risaltare completamente il valore. Vicino alla Grande-Jatte   erano appesi alcuni quadri che Seurat aveva dipinto a Grandcamp, tre suoi disegni, e non meno di quindici tele di Signac, eseguite per la maggior parte sulla costa bretone di Saint-Briac e nei vari sobborghi parigini, tutte distinte da una « frenetica intensità di luce » I0. Signac, inoltre, esponeva una grande composizione, il suo contributo più impegnativo alla mostra, Appréteuse et Garnisseuse (modes), Rue du Coire, nella quale aveva tentato per la prima volta di applicare i nuovi principi in una scena che raffigurava un interno. La sala accanto conteneva nove recenti quadri di Pissarro, insieme con alcune pitture a guazzo, pastelli, acqueforti,





 
 
 

 


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