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Didascalia
180x143 Olio su tela firenze Galleria palatina
 
Note critiche
Opera fondamentale nel curriculum pittorico del Furini è l'unica, tra quelle conosciute, firmata e datata dall'autore. I caratteri stilistici maturi del Furini sono, infatti, già presenti in quest'opera: il seno scoperto della Pittura è identico a quello della Calatea del Museo di Monaco, così pure una delle gambe è del tutto simile a quella dell'angelo annunziante della tela di Faltona. La composizione, con la Pittura e la Poesia strette in un ambiguo abbraccio, ha un impianto classico. La pergamena della Poesia, trattenuta dal calamaio, mostra a caratteri lapidati latini la scritta «Concordi Lumine Maior». Le due figure, sedute sopra una nuvola, disegnano una grande sfera nel cielo, sotto cui si stendeva un paesaggio montagnoso, ora scomparso nella tela, sicuramente diminuita, ma presente nell'incisione di Ferdinando Gregori per i'Etmria Pittrice. L'immagine delle figure inscritte in una sfera è simbolo della perfezione, assenza della distinzione o della divisione; le due donne, in atto di baciarsi, hanno una somiglianzà speculare in linea con l'ideale dell'Ut Pictura Poésis. L'invenzione delle figure sospese nello spazio è di chiara derivazione raffaellesca. 11 Furini doveva certamente conoscere il quadro di Raffaello, descritto anche dal Vasari, raffigurante La visione di Ezechiele esposto agli Uffizi dal 1589. Le testimonianze del successo dell'invenzione raffaellesca sono numerose e vanno dal Domenichino al Poussin. Il quadro che determinò, sebbene in abbozzo, l'ingresso del Furini all'Accademia, è emblematico del suo futuro programma di lavoro. La scritta nella pergamena della Poesia afferma che non si può essere «Maior» senza che poesia e pittura siano in «concordi rumine». La luminosità e la chiarezza della tavolozza, l'impostazione essenzialmente classica di questo quadro sono il motivo primario
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Furini Francedsco La Poesia e La Pittura