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Dai macchiaioli agli Impressionisti Zandomeneghi
TUTTE LE MOSTRE » Mostre in Italia (2004)

 
   
FOTO PRESENTI 2
 
Zandomeneghi Federico  Omaggio a Touluse Lautrec
Dai macchiaioli agli Impressionisti Zandomeneghi
ZANDOMENEGHI FEDERICO OMAGGIO A TOULUSE LAUTREC
Zandomeneghi Federico Al caffe de Nouvelle Athenes
Dai macchiaioli agli Impressionisti Zandomeneghi
ZANDOMENEGHI FEDERICO AL CAFFE DE NOUVELLE ATHENES
   
Curata da Francesca Dini, la mostra ripercorre in maniera inedita l'originale percorso espressivo di Zandomeneghi.
Sono esposte sessanta opere selezionate dell'artista veneto e di altri pittori macchiaioli e impressionisti, fra cui Paul Gauguin e Camille Pissarro, provenienti da importanti raccolte pubbliche e private.Amico intimo di Diego Martelli, Zandomeneghi maturò nella villa che il critico possedeva a Castiglioncello l'idea di recarsi a Parigi e fu ancora grazie al sostegno dell'amico che riuscì a mitigare le asperità del suo carattere e ad aprirsi, con intelligenza e sensibilità artistica, alle tendenze più avanzate della pittura francese.
Castiglioncello ospita per la prima volta in Toscana una mostra su questo straordinario artista, che coniugò il colore della grande pittura veneta, assimilato nell'ambiente di provenienza, con il rigore formale della tradizione toscana.
Oltre al sodalizio con gli amici macchiaioli, Zandomeneghi fu attratto dal grande Degas e dal cromatismo spregiudicato e vibrante dell'Impressionismo francese, approdando ad esiti di grande bellezza pittorica, che talvolta preludono alle soluzioni formali postimpressioniste. approfondimento su Federico Zandomeneghi



  La prima sezione della mostra analizza le inevitabili suggestioni e concomitanze con l’attività di altri artisti che furono compagni di strada di Federico: accanto a “Gli innamorati” sono esposti “I fidanzati” di Silvestro Lega,
       
  accostamento che suggerisce la partecipazione di entrambi al clima “di Piagentina”, mentre il notissimo “La lettrice” nella solarità tipica della cosiddetta “scuola di Castiglioncello” fa ideale pendant con la celebre “Marina” di Raffaello Sernesi. Quest’ultima, posta accanto a “Bastimento allo ” di Zandomeneghi induce a riflettere sul ruolo di mediatore che Federico rivestì tra la tradizione del paesaggio toscano e quello veneto che ebbe in Guglielmo Ciardi l’esponente più insigne.   Il quadro più impegnativo di questa attività italiana è “Impressioni di Roma”, opera che raffigurando i poveri assistiti dai frati di un convento romano, si pone in linea con la grande pittura a sfondo sociale di Telemaco Signorini (“La sala delle agitate nel manicomio di Firenze”, “L’alzaia”) e di Michele Cammarano (“Incoraggiamento al vizio”) Zandomeneghi:Impressioni di Roma Signorini Telemaco : Sala delle Agitate   . Negli ultimi anni della sua vita italiana, riaffiorano i temi claustrali un tempo cari a Beppe Abbati, reinventati tuttavia con fare più narrativo e la cromia brillante nei rossi, nei viola e nei blu, che diverrà tipica degli anni francesi. Zandomeneghi trascorre i primi sei mesi del 1874 a Castiglioncello, nella villa Martelli, dove matura il progetto di recarsi a Parigi, il centro del mondo artistico nel quale impera il Naturalismo di Jules Breton, di Jules Bastien-Lepage, di Carolus-Duran e dove fa notizia la partecipazione del già allora celeberrimo De Nittis alla mostra di un drappello di artisti d’avanguardia, presso il fotografo Nadar.
Il soggiorno a Parigi, previsto di durata lunga ma limitata, non ebbe invece più fine. Saranno d’impedimento al rientro di Zandomeneghi in patria ora le difficoltà economiche, ora il carattere introverso e orgoglioso, poiché egli che avrebbe voluto emulare il successo dei connazionali Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis, e rientrare in Italia da trionfatore, fu penalizzato dalle proprie scelte artistiche: la via dell’Impressionismo che a posteriori si dimostrerà vincente, fu assunta dal burbero italiano con tutto il peso delle tribolazioni e delle incomprensioni, come ci narra Diego Martelli che fu vicino e solidale a Zandomeneghi nei difficili momenti della svolta impressionista. Alla mutazione del pittore è dedicata la seconda sezione della mostra che, ponendo l’artista, raffigurato in un raro “Autoritratto”, di fronte ad alcune opere di maestri impressionisti (Camille Pissarro, “Jardin”; Paul Gauguin, “Paysage de Viroflay; Alphonse Maureau “Barche sulla Senna”) tenta di suggerire, se possibile, il clima di turbamento che anima il veneziano nei primi tempi del suo soggiorno parigino. Tra il 1876 e il 1878 il pittore attua la sua “svolta” in senso impressionista, magnificamente emblematizzata da “A letto” (1878) esposto per la prima volta unitamente al dipinto preparatorio (1876), e da “Le Moulin de la Galette” che nella gaiezza irruenta dei colori e nella modernità del taglio appare come l’espressione altissima di una ritrovata emancipazione.
Al suo giungere a Parigi dunque il pittore veneziano è un trentacinquenne artista formato e completo, con una particolare abilità nel quadro di figura. La presenza di Diego Martelli - a Parigi nel 1878-79 - fu comunque fondamentale per confermare il titubante pittore nelle sue scelte estetiche; ma anche per liberarlo dall’isolamento culturale cui lo costringevano sia il pessimo carattere, sia la sua condizione di straniero, poco incline (diversamente da De Nittis e da Boldini), alla mondanità. Grazie all’intermediazione del critico italiano che ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare nella società artistica parigina (Martelli si occupò con convinzione del movimento impressionista e della sua divulgazione in Italia), Zandomeneghi instaurò molto presto un duraturo rapporto di consuetudine e di amicizia con Edgar Degas. La terza sezione della mostra raccoglie splendidi dipinti, nati ad evidenza nel clima di totale, personalissima adesione di Zandomeneghi al movimento impressionista francese:, Place d’Anvers, Il dottore, Ritratto della madre, Al caffè Nouvelle Athènes, Le pot au lait, Visita in camerino, Place du Tertre, Femme au balcon, ed alcuni preziosi “nudi” femminili, sono le opere che rappresentarono l’artista alle esposizioni del gruppo francese, successivamente al 1879. Il 1886 è l’anno dell’ultima collettiva del movimento francese, la cui compattezza – così com’era avvenuto sedici anni prima per i Macchiaioli – viene meno; ma è anche l’epoca in cui Zandomeneghi frequenta il più giovane Henry Toulouse-Lautrec che egli ha il merito di instradare all’Impressionismo. Più volte si trova ad accompagnare Armand Guillaumin (di cui è testimone di nozze insieme a Paul Gauguin) nelle sue incursioni nella campagna di Damiette, nella valle di Chevreuse (si confronti il “Paysage” di Zandò con “Les meules” di Guillaumin). La quarta sezione della mostra, nelle sue due sale, raccoglie i capolavori della produzione più conosciuta di Zandò. Egli è sempre vicino a Degas, vuoi per l’innegabile affinità delle scelte culturali e formative, vuoi per l’autentica amicizia, vuoi per l’indubbia attrattiva che il grande maestro francese esercita sul veneziano come del resto su tutti gli artisti suoi contemporanei; Degas che pure lo tiene tra i suoi abituali con lo scultore Paul-Albert Bartholomé, non gli risparmia il suo sarcasmo, e invitandolo a posare per un ritratto scultoreo lo apostrofa “Zandomeneghi, vous qui n’avez rien à faire…”. Anche i rapporti con Renoir sono familiari, ma il sarcasmo non è meno feroce « Voyons, Zandomeneghi, ce n’est pourtant pas ma faute, si l’Italie n’a pas encor conquis la France, et si vous ne pouvez pas faire votre entrée dans Paris vetu d’un costume de doge... ». Non è da escludere che questo sarcasmo, certamente provocato dal carattere burbero del pittore veneziano, debba tuttavia anche essere interpretato come una maliziosa ritorsione nei confronti dell’italiano che è arrivato a contender loro le grazie della Maison Durand-Ruel. A partire dal 1894, infatti, Zandomeneghi è legato alla celebre casa di vendite da un contratto di esclusiva.
Gradatamente (Il giubbetto rosso, En promenade, La conversation, La tasse de thé, Femme au miroir) il pittore italiano perviene ad una “cifra” propria in cui la sintassi impressionista ritrova la pienezza classica, tutta italiana, della forma.





 
 
 

 


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